mercoledì 5 settembre 2012

Dalla convention: Julian e Michelle, i due volti della prima giornata democratica

La campagna elettorale americana è ormai entrata nel vivo. Le elezioni si avvicinano inesorabilmente e il calendario dice -61 giorni e spiccioli alle elezioni fissate per il 6 Novembre.
Da un lato e dall'altro accuse di incapacità e di inadeguatezza, mentre sia sul fronte democratico che da quello repubblicano, si sprecano le dichiarazioni: "con me ci sarà il nuovo sogno americano".
Michelle Obama alla convention di Charlotte. Foto AP
Ieri è iniziata la convention democratica a Charlotte ed è stato il Michelle day: la first lady ha parlato di
Barack, dell'esperienza alla Casa Bianca e di come proprio l'essere diventati inquilini della White House non li abbia cambiati, ma abbia rivelato chi sia davvero suo marito. Michelle è apparsa convinta e determinata e sicuramente ha portato dalla sua una grande parte di elettorato femminile, che ha commosso con le sue parole. Io stessa, leggendo il suo speech, ne sono rimasta colpita ed entusiasta. 
Prima del discorso della vera star di casa Obama, ha tenuto il suo speech Julian Castro, l'illustre sconosciuto, portato a Charlotte per convincere un'altra importante fetta della società americana a votare la rielezione del presidente, quella dei latinos, incredibile bacino elettorale.
Julian, sindaco di San Antonio, 38enne, è, insieme al fratello gemello Joaquin, uno dei politici più potenti nel Texas, ma soprattutto è il primo ispanico a parlare ad una convention democratica. Tutti hanno ricordato il discorso dell'allora sconosciuto Barack Obama alla convention di otto anni fa a Boston. Obama allora senatore dell'Illinois aveva raccontato come incarnasse il sogno americano e il Julian di Charlotte ha provato a fare la stessa cosa, senza, però, riuscirci pienamente.
Castro, oltre ad aver raccontato la propria storia personale, ha aggiunto una frase ad effetto che ha generato la standing ovation di tutta la convention, dicendo che il sogno americano è il lavoro collettivo di una nazione. Ha poi attaccato Romney, aggiungendo che: "è una brava persona, ma proprio non si rende conto di quanto buona sia stata la sua vita". Un po' come dire: dà tutto troppo per scontato e l'America non è facile e ricca come la sua famiglia d'origine.
Tra il Barack di allora e il Julian di oggi, tuttavia, c'è più di qualche differenza e il discorso, sebbene sia stato molto apprezzato, non ha fornito quel mordente proprio di Obama otto anni fa.
Barack fece della sua storia personale la metafora delle capacità dell'America, madre di un miracolo come quello di aver dato l'occasione al figlio di un africano e di una donna del Kansas, di diventare  uno dei politici americani più importanti. Sebbene gli Usa di allora fossero nel  pieno del picco negativo del "Bushismo", probabilmente nessuno ricorda cosa Obama disse per affossare Bush e lodare Kerry, ma nella memoria collettiva degli americani risuonano ancora le parole di Boston.
Castro ha invece affondato Romney con una capacità e una dialettica da applausi, ma non ha trasmesso, nonostante la sua pungente ironia, una immagine di sè stesso da incidere nella memoria.
Probabilmente tra 8 anni lui sarà uno dei grandi pretendenti alla sedia di Presidente, ma senza lo smalto del primo presidente coloured della storia americana.
Per parlare di cose poco intelligenti e chiudere in bellezza segnalo la differenza di abito e di espressione di Michelle tra questa convention e quella di quattro anni fa a Denver.
Michelle Obama a Denver nel 2008. Foto Keith
Molto più glamour allora, molto più stanca e preoccupata oggi, come se le responsabilità di prima donna degli States l'avessero affaticata nel profondo. Qualunque sia il risultato elettorale Michelle Obama resterà sempre una delle first lady più amate nella storia a stelle e strisce.

Nessun commento:

Posta un commento